Usa. Il “Press Act” al Senato: Trump attacca lo scudo dei media

di Domenico Maceri *

SAN LUIS OBISPO (Usa). “I repubblicani devono bloccare questo disegno di legge”. Lo ha scritto in lettere maiuscole Donald Trump nella sua piattaforma Truth Social. Il neo eletto presidente si riferisce al Press Act, una legge per la protezione dei media già approvata all’unanimità dalla Camera nel mese di gennaio del corrente anno che il Senato non ha ancora considerato. Con l’incertezza delle nomine di Trump per il ministro di giustizia e il direttore dell’Fbi l’approvazione di questa legge sta diventando un’emergenza.
La legge vieterebbe ai procuratori l’uso di atti di comparizione e perquisizioni per ottenere informazioni riservate dei giornalisti. Vieterebbe altresì a terze parti come aziende telefoniche e compagnie di email di essere obbligati a consegnare informazioni ai procuratori o costringerli a testimoniare sulle loro fonti. Questi provvedimenti furono violati dalla prima amministrazione Trump. Il ministero di giustizia guidato da Bill Barr ottenne persino un “gag order”, un bavaglio che impediva a esecutivi del New York Times di informare i direttori editoriali che il governo aveva fatto richieste di registri di email di 4 cronisti per potere scoprire le loro fonti.
Questi abusi dell’amministrazione Trump furono poi bloccati dal nuovo Ministro della Giustizia Merrick Garland nominato da Joe Biden nel 2021. Con la recente rielezione di Trump si teme un ritorno agli abusi della sua prima amministrazione. Il Press Act, difatti, codificherebbe le normative di Garland e legherebbe, almeno in parte, la potenzialità di abusi da parte di Trump e delle sue nomine al ministero di Giustizia e all’Fbi. I due candidati a queste cariche, come abbiamo scritto in queste pagine, sono rispettivamente Pam Bondi e Kash Patel. Ambedue hanno fatto dichiarazioni di prendere di mira non solo i nemici di Trump ma hanno anche additato ai giornalisti e addetti ai media in generale. Queste due nomine sono molto polemiche e dovranno essere confermate dal Senato, che come si sa, avrà una maggioranza repubblicana (53-47).
Le dichiarazioni di Trump verso i media sono già notissime. Durante le tre campagne elettorali il neo eletto presidente li ha attaccati etichettandoli fake news e persino nemici del popolo. Da presidente ha infatti fatto richiesta di combattere la fuga di notizie che ha addirittura condotto al conseguimento di informazioni private di alcuni giornalisti del New York Times, Washington Post e Cnn. Trump ha inoltre minacciato in campagna elettorale di revocare le licenze di alcune reti televisive che lui considera poco amiche. Da presidente avrebbe notevole controllo della Federal Communications Commission che regola la comunicazione dei media. L’agenzia include 5 membri nominati da presidenti ma solo 3 di loro rappresentanti di un partito. Il direttore però è scelto dal presidente.
La preoccupazione che Trump metterà in atto le minacce annunciate in campagna elettorale è forte e il presidente Biden starebbe considerando di concedere una grazia preventiva ad alcuni leader che hanno alzato la voce in maniera notevole contro Trump. Si tratta di una mossa poco consigliabile poiché la grazia viene concessa a individui che sono stati condannati. Alcuni degli individui in considerazione includerebbero Liz Cheney, ex parlamentare repubblicana, che ha fatto numerose dichiarazioni sul pericolo rappresentato da Trump per la costituzione. Altri individui che potenzialmente sarebbero in pericolo includono il dottor Anthony Fauci, immunologo, ex direttore del National Institute dell’Allergy and Infectious Diseases dal 1984 al 2022. Durante la pandemia Fauci ha pronunciato osservazioni che hanno contraddetto le asserzioni di Trump nella gestione della crisi sanitaria. Un altro individuo che potrebbe essere bersagliato è Adam Schiff, parlamentare californiano, neo eletto senatore del Golden State. Schiff da parlamentare coprì il ruolo principale nella vicenda del primo impeachment di Trump nel 2019.
Proteggere tutti gli individui che in un modo o nell’altro potrebbero divenire bersagli di Trump sarebbe impossibile. I media però sono indispensabili e ovviamente sarebbero un gruppo che continuerebbe ad opporsi a possibili abusi di potere del neo eletto presidente. La loro protezione diventa dunque indispensabile. Il Press Act sarebbe uno scudo che permetterebbe ai giornalisti di continuare a svolgere il loro compito. Lo stanno facendo in grande misura anche se ovviamente non in modo perfetto. Ciononostante le loro indagini hanno avuto successo a silurare la candidatura di Matt Gaetz che Trump aveva nominato a ministro di Giustizia. Gaetz si dimise dopo otto giorni e Trump nominò Bondi, un po’ meglio ma pur sempre una scelta detrimentale ai media e i cosiddetti “nemici” del neo eletto presidente.
Il Press Act sarà una priorità di Chuck Schumer, democratico di New York, l’attuale presidente della Camera Alta dove il suo partito ha una leggera maggioranza (51-49) e potrebbe farcela. L’avvertimento di Trump ai senatori repubblicani potrebbe però silurare la bozza di legge. Da ricordare che al Senato continua a vigere il filibuster, il bisogno di una maggioranza ad oltranza di 60 consensi per procedere ai voti.
Trump riconosce un ruolo poco significativo ai media tradizionali ma non li esclude del tutto quando gli conviene. La sua recente intervista a Kristen Welker della Nbc nel programma Meet the Press ce lo conferma. Il neo eletto presidente ha ripetuto nel corso dell’intervista alcune sue minacce fatte in campagna elettorale suggerendo che i membri della Commissione parlamentare che hanno investigato gli assalti al Campidoglio il 6 gennaio del 2021 meritano di essere indagati. Trump non disdegna completamente dunque i media tradizionali ma li vuole il più debole possibile come avviene in tutti i regimi autoritari a cui lui si ispira. Bloccare il Press Act consiste di un colpo notevole e continuerebbe a sprofondare il piazzamento degli Usa nel World Press Freedom Index. I media Usa si trovano al poco rispettabile 55esimo posto nel 2024 in buona parte per gli attacchi e i limiti imposti da Trump. Il Press Act potrebbe arginare questo calo anche se non migliorarlo.

* Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.