di Alessio Cuel –
Doveva essere un accordo sulle terre rare, si è trasformato in un redde rationem sulle ragioni del sostegno americano a Kiev.
“Stai giocando con la Terza guerra mondiale”, “Non hai le carte”, “Firma l’accordo o siamo fuori”: questi alcuni degli strali lanciati da Donald Trump al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, accusato di irriconoscenza per aver preteso garanzie di sicurezza in cambio della firma sull’accordo sui minerali.
Ad affiancare Trump nell’attacco c’era anche il vicepresidente J.D. Vance, che ha sottolineato le difficoltà di Zelensky nel reclutare nuovi soldati e ribadito la necessità di una soluzione diplomatica: “La strada per la pace e la prosperità è l’impegno diplomatico”.
L’incontro si è chiuso nel peggiore dei modi. Trump ha liquidato Zelensky con un secco: “Torna quando sarai pronto per la pace”, mentre il presidente ucraino ha lasciato lo Studio Ovale senza nemmeno essere accompagnato alla porta.
Su X, Zelensky ha evitato lo scontro diretto: “Grazie, America, per il tuo sostegno. Grazie al presidente degli Stati Uniti, al Congresso e al popolo americano. L’Ucraina ha bisogno di una pace giusta e duratura, e stiamo lavorando per questo”.
Oggi, più che mai, l’Ucraina appare sotto ricatto e abbandonata a sé stessa. Manca l’unico attore in grado di fermare la guerra: Vladimir Putin, che guarda con favore alle tensioni tra Kiev e Washington. Al centro della scena rimane Trump, uomo capace di comprendere una sola lingua: quella della lusinga e dell’asservimento. Ieri è stato il turno di Vance, che ha profondamente rivisto le sue posizioni e oggi risiede al Number One Observatory Circle. Domani, probabilmente, toccherà a Zelensky. Pena la definitiva distruzione dell’Ucraina.