Ucraina. NATO e l’Articolo 5: la proposta Meloni e il suo significato geopolitico

di Giuseppe Gagliano –

Il recente suggerimento della presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, di estendere la protezione dell’Articolo 5 della NATO all’Ucraina senza concedere a Kiev la piena adesione all’Alleanza, è destinato a far discutere. Non tanto per la sua realizzabilità – che è tutta da dimostrare – quanto per il segnale politico che l’Italia intende lanciare, in un momento in cui le posizioni dei principali attori internazionali stanno assumendo contorni sempre più netti.
L’Articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico sancisce il principio della difesa collettiva: un attacco contro un Paese membro viene considerato un attacco contro tutti, obbligando gli altri Stati a intervenire. L’idea di Meloni prevede un’estensione di questa protezione all’Ucraina senza il vincolo formale dell’adesione, creando un sistema di deterrenza contro la Russia senza il peso strategico e burocratico che l’ingresso di Kiev nella NATO comporterebbe.
Il ragionamento è chiaro: offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina senza innescare automaticamente un conflitto diretto tra NATO e Russia. Un’ipotesi che, per certi versi, ricorda la formula già adottata dagli Stati Uniti con Israele o da alcune potenze europee nei confronti dei Paesi baltici prima del loro ingresso nell’Alleanza.
A Mosca, l’iniziativa italiana viene vista con scetticismo. Il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha dichiarato che qualsiasi discussione su garanzie di sicurezza per Kiev è di fatto “un’operazione ostile” nei confronti della Russia, che continua a considerare l’Ucraina parte della sua sfera d’influenza.
Da parte sua, la portavoce del Cremlino, Maria Zakharova, ha liquidato il piano franco-britannico per il cessate il fuoco come “una pausa tattica per rifornire l’Ucraina di armi”, segno che Mosca non crede a nessuna soluzione diplomatica se non alle sue condizioni. Il problema, per il Cremlino, non è solo la sopravvivenza del governo ucraino, ma il rischio che l’Occidente utilizzi lo “scudo NATO” per proiettare una presenza militare permanente alle porte della Russia.
L’idea di una protezione parziale dell’Ucraina senza adesione piena potrebbe trovare orecchie attente in una parte dell’Alleanza Atlantica. Francia e Regno Unito, impegnati a definire un piano di pace, potrebbero considerarla un compromesso utile per evitare un’escalation diretta con la Russia. Tuttavia, la proposta di Meloni si scontra con una realtà evidente: senza il sostegno degli Stati Uniti, qualsiasi garanzia di sicurezza europea all’Ucraina rischia di restare un’illusione.
Il nodo centrale resta infatti Washington. L’amministrazione Trump, in caso di ritorno alla Casa Bianca, ha già lasciato intendere di voler ridurre gli impegni USA nella NATO, condizionandoli a un maggiore contributo finanziario da parte degli alleati europei. Se questa linea si concretizzasse, l’Europa si troverebbe costretta a finanziare autonomamente la sicurezza dell’Ucraina, un’impresa titanica considerando le difficoltà economiche interne a molti Paesi del continente.
Nel contesto attuale, la guerra in Ucraina è diventata non solo un conflitto militare, ma una guerra di logoramento economico e politico. Da una parte, la Russia punta sulla resilienza del proprio sistema, sfruttando alleanze con Cina, Iran e Corea del Nord per aggirare le sanzioni occidentali. Dall’altra, l’Occidente cerca di tenere unita la propria coalizione, con la consapevolezza che il fronte interno europeo potrebbe sgretolarsi sotto il peso della crisi energetica e della fatica economica.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky insiste sulla necessità di un cessate il fuoco in mare e nei cieli come primo passo per testare la reale volontà di Mosca di negoziare. Ma il Cremlino, per ora, sembra non avere alcuna intenzione di accettare soluzioni che non prevedano una resa parziale dell’Ucraina.
Dal punto di vista geopolitico, il messaggio lanciato dal governo italiano è chiaro: l’Italia vuole giocare un ruolo più attivo nella sicurezza europea, cercando di proporsi come interlocutore per una soluzione diplomatica che non escluda la deterrenza militare.
Meloni, nel tentativo di equilibrare le pressioni americane e le esigenze europee, si trova però in una posizione delicata. L’Italia, pur essendo membro della NATO, ha sempre mantenuto un approccio più cauto rispetto a Francia e Regno Unito nell’ipotesi di un coinvolgimento diretto in Ucraina. Il governo italiano sa bene che qualsiasi ulteriore escalation rischia di destabilizzare ulteriormente il Mediterraneo, già sotto pressione per le tensioni in Nord Africa e Medio Oriente.
La proposta italiana può essere letta in due modi:
– Un tentativo realistico di offrire a Kiev protezione senza forzare l’adesione alla NATO, riducendo il rischio di un’escalation.
– Una mossa politica per rafforzare il profilo internazionale dell’Italia all’interno dell’Alleanza, mostrando capacità di mediazione tra l’anima più interventista e quella più cauta della NATO.
Qualunque sia l’intenzione, la realtà resta la stessa: senza un impegno chiaro di Washington, l’Europa da sola non può garantire la sicurezza dell’Ucraina. E mentre l’Occidente discute, Mosca continua a dettare il ritmo della guerra.