Per dove dobbiamo andare …

di Gianvito Pipitone –

Caro Fratello,
a conclusione di questa ennesima settimana un po’ grigia, anche dal punto di vista meteorologico, mi sarebbe piaciuto sentire in maniera convinta la parola Pace, ma credo che, almeno per ora, ci dobbiamo accontentare dei preparativi all’eventuale guerra preventiva o di deterrenza. Per la pace vera c’è sempre tempo, no? Vabbè ma dopotutto, chi siamo noi per discutere di argomenti tanto più grandi di noi? E per di più, figurati poi se a dare voce a dubbi, incertezze e paure lo facciamo da una landa sperduta di una provincia ai confini di un impero alla fine della decadenza…
A che serve argomentare, qualcuno si chiederà, fra colleghi, con un gruppo di amici, al bar o fra le colonne di un blog, se poi accade quello che deve sempre accadere, con buona pace delle nostre frustrazioni? A noi, se va bene, non ci resta che affidarci alle nostre mappe personali e confrontarle di volta in volta con quelle degli altri, incrociandole talvolta con quelle cartografiche del mondo, per capire dove ci troviamo e se in caso abbiamo smarrito il sentiero. Per andare dove dobbiamo andare …dove dobbiamo andare? si chiedevano Toto’ e Peppino, nel secondo dopoguerra, dopo essere sbarcati a Milano, bardati come eschimesi in piena estate, incerti e spaesati, in quel teatro del mondo che è una stazione, metafora di arrivi e partenze. Ecco come ci sentiamo probabilmente noi oggi, provando lo stesso imbarazzo e disagio di chi non sa esattamente dove andare.
Eppure, non è già qualcosa quando un movimento è stato già fatto? Non abbiamo fatto il nostro quando ci siamo interrogati, almeno una volta al giorno, sul perché delle cose? Tocca accontentarsi a volte.
Ieri, ti dicevo, ho letto per una buona metà il pamphlet di Federico Rampini dal titolo: “Quello che dovete sapere sull’America di Trump”. In questo fine settimana mi riservo di leggere l’altra metà, sempre se me ne venga voglia. Pur non illudendomi molto, ammetto anche stavolta di aver cercato invano parole di più netta condanna a questo inquietante nuovo che avanza. Vana speranza, dal momento che ci ho trovato solo quello che né più né meno mi aspettavo. Fra le varie cose, vengono esposte le “solite” ragioni sul perché la controversa figura di Trump abbia avuto gioco facile nelle ultime elezioni federali americane. E i motivi per i quali quando il presidente degli USA dice pensa e dispone cose, interessa strettamente anche noi che normalmente, ad occhio e croce, abitiamo all’incirca a 6 o 7 mila chilometri di distanza dalla sua residenza da sogno Mar-a-Lago, con un Oceano profondo e burrascoso di mezzo.
Quindi, seppure lucido come sempre, l’accento di Rampini ricade sui meriti del machiavellico Donald Trump, soffermandosi poi (forse più del dovuto) sui demeriti dei Democratici. Ci ricorda così che negli ultimi anni, i dem gli hanno scatenato contro una serie di inchieste giudiziarie. Lo hanno demonizzato dandogli dell’affarista, faccendiere, puttaniere, autocrate e fascista. A buona ragione, probabilmente. Ed ecco perché, conclude Rampini, in un momento di malcontento generale, molti rednecks si sono convinti che il Tycoon fosse diventato il loro mito, l’unico a tenere testa all’odiosa elite di sinistra. Stanchi probabilmente di esser oggetto di disprezzo, di essere trattati da contadini ignoranti, arretrati buzzurri, sdentati cavernicoli dediti alla musica country, a distillare alcol nel retro di casa, a maneggiare untuosi motori e riviste pornografiche. Che poi, anche questi luoghi comuni, servono a spiegare molto più di interi trattati.
Non so a te, ora, ma a me pare quasi di averle vissute queste scene qua. Non senti in questo afflato epico anche tu l’eco ormai lontana di qualche decennio fa quando, attanagliata da argomenti simili o tangenziali, da nord a sud, l’Italia aveva cominciato a spaccarsi irrimediabilmente sotto la scure di un certo Silvio Berlusconi? R.i.p.
Certo, a quei tempi dal pulpito non erano spuntate ancora le motoseghe di Milei, le mani a paletta di Musk e Bannon, o le croci delle Ceneri di Marco Rubio. Ma chi fra noi decani, con più di qualche capello bianco in testa, non ha ben scolpito nella memoria i surreali trascorsi di quel tempo appena andato: dalle leggi ad personam, al Bunga-Bunga? Giusto per volere un po’ esemplificare.
Quando l’uomo che si dichiarava unto dal signore, era sceso in campo e da quel di Arcore aveva dato vita al Ventennio più tribolato, da quell’altro Ventennio tragico di 80 anni prima. A ben guardare, cos’altro si era creato in quel momento in Italia se non una frattura insanabile fra il popolo di Sinistra, quella dura e pura, fatta di “anime belle” e il popolo di Silvio, sporco brutto e cattivo? Beh, almeno su alcuni argomenti specifici, viene da dire, gli americani dovrebbero probabilmente starci ad ascoltare un po’ di più. Abbiamo forse poche specialità della casa da insegnare al mondo, al giorno d’oggi, eppure su alcuni argomenti gli archivi della storia patria non sembrano deludere mai.
E bada bene, fratello che ne abbiamo “attraversato di tempeste e tante prove antiche e dure”, come diceva il maestro. Ricorderai le nostre barricate politiche e culturali contro il personaggio Berlusconi ma anche contro un certo modo, tracotante e violento, di intendere la politica.
Nessuna meraviglia pertanto se molti italiani oggi guardano con sincera ammirazione alle gesta di Donald Trump, parteggiando per quelle magnifiche sorti e progressive. Rogne politiche e culturali con cui, a distanza di vent’anni, un’America diversa, diversissima certo (ma non per questo meno violenta e lacerata dell’Italia di allora) dovrà fare adesso i conti: una sorta di guerra civile non dichiarata.
E per ritornare all’inizio: la Pace. “Grande è la confusione sotto il cielo”, affermava Mao Zedong, “quindi la situazione è eccellente”. Ed è ancora un paradosso che ci spiega questo folle momento storico, pieno di inspiegabili contraddizioni. Dove a chiedere la pace fra Russia e Ucraina, una pace zoppa, ignobile, inaccettabile, parente di una resa incondizionata che potrebbe spalancare a Putin le porte dell’Europa, sono i partiti di destra e di estrema destra, che in tutta evidenza sembra abbiano sviluppato (di recente) in cuore loro questo nobile sentimento. E qualcuno sostiene addirittura che questa destra, la pace ce l’ha avuta sempre nel suo dna… la pace.
Quello stesso mondo forse dove la “pace fiscale” di Salvini è a un passo, un tiro di schioppo … da quella dei cannoni. Poveri noi, che continuiamo a vagare disorientati, fra una stazione e l’altra, con quella faccia un po’ così, e con un materasso per mantello, che non abbiamo capito ancora dove andare, per dove dobbiamo andare. Stammi bene.