di Giuseppe Gagliano –
L’annuncio del governo militare del Myanmar sulle elezioni generali, previste per dicembre 2025 o gennaio 2026, segna un nuovo capitolo nell’instabilità politica del Paese. Il generale Min Aung Hlaing, capo della giunta, ha comunicato la decisione durante una visita ufficiale in Bielorussia, sottolineando l’intenzione di organizzare elezioni “libere e giuste”. Tuttavia, analisti e opposizioni internazionali considerano questa mossa un tentativo di legittimare il controllo militare attraverso un voto pilotato.
Dal colpo di Stato del febbraio 2021, che ha rovesciato il governo civile di Aung San Suu Kyi, il Myanmar è precipitato in un ciclo di violenze e instabilità. La resistenza armata contro la Giunta si è intensificata, con ampie porzioni del Paese ormai fuori dal controllo governativo. L’estensione dello stato di emergenza, annunciata il 31 gennaio 2025, riflette le difficoltà del regime nel consolidare il proprio potere.
Un recente censimento, condotto nel dicembre 2024, ha rivelato che il governo militare è riuscito a raccogliere dati solo in 145 dei 330 comuni del Myanmar, mettendo in dubbio la possibilità di un’effettiva registrazione degli elettori. Inoltre, numerosi partiti politici sono stati messi al bando, riducendo ulteriormente il pluralismo democratico.
La comunità internazionale osserva con scetticismo le promesse della Giunta. Secondo Reuters, molti partiti e attivisti considerano le elezioni un mezzo per garantire la continuità del potere militare, senza reali garanzie di trasparenza. Le Nazioni Unite hanno denunciato l’aggravarsi della crisi umanitaria, con circa tre milioni di sfollati e un terzo della popolazione in condizioni di insicurezza alimentare.
Un elemento chiave nel contesto geopolitico del Myanmar è il ruolo della Cina. Pechino ha facilitato un accordo di cessate il fuoco tra l’esercito birmano e l’Esercito dell’Alleanza Democratica Nazionale del Myanmar (MNDAA), entrato in vigore il 6 gennaio 2025. L’intesa, mediata durante colloqui a Kunming, mira a stabilizzare il Nord del Myanmar, teatro di scontri tra le forze armate e gruppi etnici ribelli.
Nonostante la Giunta insista sulla necessità di stabilità per condurre elezioni “credibili”, le opposizioni intendono boicottare il voto e chiedono alla comunità internazionale di non riconoscerne l’esito. Il Myanmar si avvia quindi verso un appuntamento elettorale che potrebbe rivelarsi un’ulteriore manovra del regime per consolidare il potere, piuttosto che un passo verso la democratizzazione