di Enrico Oliari –
Ancora una volta a determinare il corso della Moldavia sono stati i moldavi che non la abitano, cioè quelli che vivono all’estero, soprattutto in Europa. Certo, gli emigrati sarebbero i primi a beneficiare dell’adesione all’Ue del piccolo ed economicamente disastrato paese dell’Europa orientale, già parte dell’Unione Sovietica, ma tant’è che le spinte europeiste e atlantiste, ben sostenute da Washington e da Bruxelles esattamente come Mosca sostiene ovunque il filo russismo, hanno vinto. La presidente Maia Sandu è stata rieletta, avendo superato il ballottaggio con il 55% contro l’ex procuratore generale Alexandr Stoianoglo, considerato filo russo.
Ovviamente da Bruxelles non si sono levati gli starnazzi che solo pochi giorni fa si sono fastidiosamente uditi per la Georgia, dove la Commissione europea e il Consiglio europeo hanno accusato di brogli il partito vincitore filo russo “Sogno georgiano” (il riconteggio delle schede effettuato dalla Procura generale ha confermato il risultato), e la pasionaria Sandu ha potuto così a caldo affermare: “Moldavia, hai vinto! Oggi, cari moldavi, avete dato una lezione di democrazia, degna di essere scritta nei libri di storia… Libertà, verità e giustizia hanno prevalso”.
In realtà le cose non stanno proprio in questo modo, a cominciare dal fatto che solo la metà degli elettori si sono recati alle urne in un clima di disillusione diffusa, e di questi solo la metà ha scelto la riconferma di Sandu in un momento di palese difficoltà per chi abita il paese, non per chi è emigrato. Il paese è uno dei più poveri d’Europa, per quanto l’economia stia dando segni di crescita, e anche di recente il Consiglio europeo ha invitato a fare di più contro la corruzione diffusa.
Vi è poi il problema della Transnistria, la piccola regione (lunga appena 200 km) abitata da russofoni che con la Moldavia europeizzata non vogliono avere nulla a che fare: probabilmente il presidente russo Vladimir Putin lascerà perdere la Transnistria, dal momento che è in corso un’indipendenza di fatto (si era proclamata indipendente dall’Unione Sovietica prima della Moldavia), ma è certo che se dovesse trasformarsi in un nuovo Donbass, il casus belli sarebbe servito.