di Shorsh Surme –
Il popolo curdo ha risposto con un “sì” convinto al referendum del 25 settembre, nonostante le minacce della dell’Iraq, dell’Iran: fin da subito si sono viste lunghissime file davanti ai 12mila seggi per il referendum sull’indipendenza, e sono cinque milioni gli elettori che hanno votato pari al 78% degli aventi diritto, a quanto ha comunicato la commissione elettorale. I risultati verranno resi noti nelle prossime ore, ma già si stima che a favore dell’indipendenza della regione si sono espressi oltre il 93% dei votanti.
La Turchia del “sultano” Recep Tayyp Erdogan ha oscurato le tv curde impostate sul satellite Turksat e ha chiuso la frontiera con il Kurdistan Iracheno, il valico di Ibrahim Khalil, che è unico passaggio tra le due parti; ha inoltre bloccato il petrolio del Kurdistan diretto verso il porto turco di Ceyhan, la lira turca è crollata e il prezzo di petrolio è salito da 53 dollari a più di 60 dollari. Erdogan pare essersi improvvisamente scordato che il fatturato con la regione del Kurdistan Irq. si aggira sugli 11 miliardi di dollari. L’esercito turco sta conducendo manovre militari lungo il confine.
Peggio ancora gli ayatollah iraniani, che hanno cominciato a bombardare la zona di Balakyati e tutti i villaggi ai piedi della montagna di Halgurt.
Già ieri a Kirkuk e nelle altre zone irachene a maggioranza curda è stato imposto dalla polizia il coprifuoco, ed il primo ministro iracheno Haider al-Abadi ha detto in tv che “Non discuteremo né avremo dialoghi sui risultati del referendum, perché esso è incostituzionale”. Come se i vari governi succeduti alla caduta di Saddam Hussein avessero rispettato la Costituzione e fossero stati ai patti con i curdi, come nel cado dell’articolo 140, a cui mai Bagdad ha adempiuto, che prevedeva il ritorno dei territori curdi arabizzati da Saddam Hussein (tra cui Kirkuk) al Kurdistan Irq.
Al momento vi è un imbarazzante silenzio della comunità internazionale, soprattutto di Ue e Usa.