di Giuseppe Gagliano –
Il Parlamento della Georgia ha votato per revocare i mandati di 49 deputati dell’opposizione. Il motivo ufficiale è il rifiuto di questi ultimi di partecipare alle sedute parlamentari, un gesto che loro stessi avevano annunciato come una forma di protesta contro l’esito delle elezioni di ottobre 2024. Elezioni contestate, perché hanno riconfermato il partito di governo Sogno Georgiano, fondato dall’oligarca Bidzina Ivanishvili e sempre più vicino alla Russia, mentre le strade di Tbilisi si riempivano di manifestanti contrari a quello che definiscono un allontanamento forzato dalla prospettiva europea.
Nel giro di pochi giorni, la Georgia si è ritrovata con un Parlamento ridotto a 89 deputati, tutti appartenenti alla stessa forza politica. L’opposizione si è autoesclusa, spingendo la crisi istituzionale ancora più in profondità. Sullo sfondo, il primo ministro Irakli Kobakhidze accusa le ONG finanziate da Washington di fomentare il caos e destabilizzare il Paese, con particolare riferimento all’International Society for Fair Elections and Democracy, sostenuta da USAID e già nel mirino per il monitoraggio delle elezioni del 2020. Non è un caso che proprio in questi giorni sia stata rilanciata l’idea di una nuova legge sugli agenti stranieri, modellata sul Foreign Agents Registration Act degli Stati Uniti, che imporrebbe restrizioni più severe a chi riceve finanziamenti dall’estero per attività politiche o sociali.
Le tensioni con gli Stati Uniti non sono un dettaglio. Mamuka Mdinaradze, segretario esecutivo di Sogno Georgiano, ha apertamente accusato l’ambasciata americana di sostenere le proteste, richiamando gli scontri del 2 febbraio tra manifestanti dell’opposizione e forze dell’ordine nel centro di Tbilisi. Dichiarazioni che non restano isolate. Il presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin, ha rilanciato attacchi contro USAID, definendola una rete criminale responsabile di colpi di Stato e instabilità in numerosi Paesi, inclusa la Georgia.
Il colpo di scena è arrivato da Washington. L’amministrazione Trump ha deciso di sospendere le attività di USAID, sulla scia di un’inchiesta avviata dal nuovo Department of Government Efficiency (DOGE), presieduto da Elon Musk. Dietro la mossa c’è l’idea di ridimensionare il ruolo delle agenzie federali in politica estera, ma anche di rispondere alle pressioni del Congresso repubblicano. A capo di USAID, per il momento, è stato nominato il Segretario di Stato Marco Rubio.
Nel frattempo la Georgia resta un campo di battaglia tra due narrazioni opposte. Da un lato, chi vede nell’opposizione e nelle proteste di piazza un ultimo tentativo di salvare il percorso europeo del Paese. Dall’altro, chi considera le tensioni il risultato di un’ingerenza occidentale mirata a destabilizzare un governo che ha scelto una strada diversa. Ma la realtà, come spesso accade, si muove in un territorio grigio, dove le posizioni politiche si intrecciano con interessi economici, strategie geopolitiche e il fragile equilibrio di un Paese che non ha mai davvero smesso di trovarsi tra due mondi.