Draghi vede un futuro nero per l’Ue, ‘le nostre dipendenze si sono rivelate vulnerabilità’

Per l'ex capo della Bce l'Ue deve essere un attore indipendente sulla scena politica. L'esatto contrario di quanto fatto fino ad oggi.

di Enrico Oliari

L’ex presidente della Bce e del Consiglio dei ministri Mario Draghi ha portato oggi a Bruxelles il report commissionatogli un anno fa dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, sostanzialmente sullo stato dell’Unione. Draghi ha fatto i compiti segnalando punti critici e oltre 170 proposte per dare una scossa al corpo agonizzante di un sistema europeo in crisi, basti pensare che alle recenti elezioni dell’Europarlamento la metà degli aventi diritto ha scelto di votare il partito dell’astensione.
D’altronde Draghi, lo stesso che a una settimana dall’aggressione russa all’Ucraina profetizzava l’imminente crollo dell’Economia e della politica di Mosca per le drastiche misure europee, è tornato oggi a parlare della vocazione pacifista dell’Unione Europea, dimentico che per portare l’extracomunitaria Kiev nella Nato (l’entrata di Ucraina e Georgia nella Nato era stata decisa al vertice di Bucarest del 2008) l’Ue si è schierata in una guerra sanguinosa inviando armi, mercenari e “istruttori” con i risultati che vediamo oggi, compreso l’acquisto di gas di scisto (proibito in Ue) dagli Usa a tre volte il prezzo di quello russo.
Nonostante l’evidente vassallaggio agli Usa in ogni campo, l’Ue di Draghi dovrebbe togliere i freni e riguadagnare terreno nei confronti di oltreoceano e della Cina “diventato più produttiva”, e per far questo “l’Ue deve cambiare radicalmente, in modo urgente e concreto”.
Così, mentre l’odiata Russia cresce del tre e mezzo percento, Draghi ha dovuto ammettere che “la crescita sta rallentando da molto tempo nell’Ue, ma lo abbiamo ignorato. E se fino a due anni fa le cose andavano bene, non possiamo più ignorare che le cose sono cambiate”. Ha quindi notato che il trend demografico non è ottimale, con “due milioni di lavoratori in meno all’anno dal 2040″, per cui è necessario puntare sulla competitività attraverso un cambiamento che passi da un’innovazione non ancorata dalle troppe barriere, dalla decarbonizzazione e quindi dall’offerta di energia pulita, e soprattutto dall'”aumento della sicurezza attraverso la riduzione delle dipendenze”.
Per Draghi è stata ormai archiviata l’era del commercio globale, anche perché le aziende europee hanno oggi una maggiore concorrenza e un accesso minore ai mercati. In questo caso l’ex premier dimostra nei fatti la miopia dell’Ue e la sua dipendenza dagli Usa, dal momento che è innegabile il fatto che rompere i rapporti con il vicino russo, fino a sanzionarlo e a demonizzarlo, ha favorito la nascita di un mondo perlomeno bipolare, con l’occidente da una parte e i Brics dall’altra. Una situazione preoccupante e sotto gli occhi di tutti, per cui l’ex capo della Bce ha potuto solo realizzare che “la stabilità geopolitica sta diminuendo e le nostre dipendenze si sono rivelate vulnerabilità”, a cominciare dall’energia di cui il maggiore fornitore era proprio la Russia.
Uno scenario tutt’altro che roseo quello delineato da Draghi, per un’Europa che “se non potrà essere più produttiva, ci metterà davanti a delle scelte: o diventeremo leader dello sviluppo tecnologico, un faro di responsabilità in materia di clima e un attore indipendente sulla scena mondiale, o non riusciremo a finanziare il nostro modello sociale. Saremo costretti insomma a rivedere le nostre ambizioni, anche tutte: si tratta di una sfida esistenziale”.