Giuseppe Gagliano –
Non potendoci essere una guerra vera e propria, Corea del Nord e Corea del Sud procedono ormai da tempo in una guerra ibrida dove non c’è il carnefice e la vittima, bensì un susseguirsi di ripicche, di dimostrazioni di forza e di sgarbi di maggiore o minore impatto. Così si va dal lancio di palloncini con messaggi nazionalisti da parte dei sudcoreani al frastuono dei megafoni sul confine, dall’intenzione, dichiarata dal presidente Yoon Suk-yeol, di inviare armi in Ucraina a seguito della presenza di militari nordcoreani nel Kursk russo, per arrivare ai test missilistici nordcoreani e agli armamenti forniti dagli Usa, comprese le testate nucleari, dalle esercitazioni congiunte con la Russia a quelle del nemico fatte con gli Usa.
Bisogna tenere presente che in realtà i due paesi sono ancora ufficialmente in guerra. Infatti non è mai stata firmata la pace dal conflitto 1950 – 1953, ed allora era stato sottoscritto semplicemente un armistizio tra le forze Onu a guida Usa (in rappresentanza della Corea del Sud), la Cina e la Corea del Nord. Nel corso delle trattative Kim avrebbe acconsentito a che rimanessero nel sud i 33mila militari statunitensi, ma non gli armamenti nucleari piazzati lì dagli Usa.
Così anche nelle ultime ore si sono verificate provocazioni che non si sono limitate allo sfoggio di capacità tecnologiche o alle esercitazioni navali congiunte più grandi: agli attacchi hacker della Corea del Sud la Corea del Nord ha risposto con il disturbo del segnale Gps la traffico navale locale, sia civile che militare.
Ieri l’esercito sudcoreano ha lanciato un missile balistico a corto raggio nel Mar Giallo, come “dimostrazione di forza” contro le provocazioni della Corea del Nord. Questo evento, riportato dall’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap, riflette la crescente tensione nella penisola coreana, dove i test missilistici di Pyongyang stanno assumendo un ruolo sempre più provocatorio.
Il lancio da parte di Seul è avvenuto utilizzando un missile Hyunmoo, fulcro della strategia sudcoreana di attacco preventivo, nota come Kill Chain. Questa strategia permette alla Corea del Sud di rispondere immediatamente a segnali di attacchi imminenti da parte della Corea del Nord. Il missile Hyunmoo è stato sviluppato a partire dagli anni ’70 per far fronte alle minacce del Nord e ha recentemente visto il potenziamento con l’introduzione dell’Hyunmoo-5, il più grande missile balistico mai prodotto dal Paese, progettato per penetrare i bunker sotterranei nordcoreani.
Il comando militare sudcoreano ha dichiarato che questa esercitazione serve a riaffermare la determinazione del Paese a rispondere con fermezza a ogni provocazione. Tuttavia l’escalation rischia di aggravare la già fragile stabilità della regione, spingendo Seul a rafforzare ulteriormente le proprie capacità di difesa.
La Corea del Nord ha effettivamente intensificato i propri test missilistici, arrivando a lanciare sette missili a corto raggio il 5 novembre dalle coste orientali. Secondo il ministero della Difesa giapponese, i missili hanno raggiunto un’altitudine di 100 km, coprendo una distanza di 400 km prima di cadere nel Mar del Giappone. Questi lanci non solo rappresentano una minaccia diretta per la sicurezza regionale, ma sottolineano anche la determinazione di Pyongyang a mantenere la pressione sugli alleati occidentali.
Kim Yo-jong, sorella del leader nordcoreano Kim Jong-un, ha recentemente difeso i test come una “risposta legittima” alle esercitazioni congiunte tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, che Pyongyang considera come prove generali per un’invasione. La retorica del regime nordcoreano si basa sull’idea di una minaccia esterna che giustifica l’espansione del proprio arsenale nucleare.
L’escalation nella penisola coreana non avviene in un vuoto geopolitico. Recentemente la Corea del Nord ha rafforzato i legami con Russia e Cina, che hanno spesso fornito sostegno diplomatico e, secondo le accuse di Washington, anche militare. In un incontro a Mosca tra il presidente russo Vladimir Putin e il ministro degli Esteri nordcoreano Choe Son-hui, i due Paesi hanno riaffermato la loro cooperazione in un momento di crescenti tensioni con l’occidente.
Gli Stati Uniti hanno risposto con esercitazioni congiunte insieme a Giappone e Corea del Sud, utilizzando il bombardiere strategico B-1B e caccia avanzati, dimostrando la loro capacità di proiezione di potenza nell’Indo-Pacifico. Questo ha provocato ulteriori reazioni da parte di Pyongyang, che considera tali esercitazioni come un segnale delle intenzioni ostili di Washington.
L’attuale contesto di tensione si inserisce in un quadro più ampio di rivalità globali. Le relazioni tra Corea del Nord e Russia potrebbero influenzare non solo la sicurezza della penisola coreana, ma anche il conflitto in Ucraina, con l’occidente preoccupato che Pyongyang possa fornire supporto militare a Mosca. Il fulcro del problema per Washington è che la vicinanza della Corea del Nord alla Russia può garantire il veto di quest’ultima al Consiglio di sicurezza dell’Onu, nonché dare robustezza al polo alternativo a quello occidentale innescatosi con la guerra ucraina.
Nel frattempo Seul e Tokyo stanno valutando l’intensificazione delle proprie capacità difensive, anche in risposta alle recenti minacce cinesi nel Mar Cinese Orientale e Meridionale. In un’epoca di competizione strategica tra grandi potenze, l’Indo-Pacifico si sta rapidamente trasformando in uno dei principali teatri di confronto.
Le prossime settimane saranno cruciali per comprendere se vi saranno ulteriori provocazioni nordcoreane, specialmente in un periodo in cui gli Stati Uniti si avvicinano alle elezioni presidenziali. Gli analisti ritengono che Pyongyang possa sfruttare questo momento per attirare l’attenzione internazionale e negoziare migliori condizioni economiche o politiche.
L’escalation nella penisola coreana rappresenta una sfida significativa non solo per la sicurezza regionale, ma anche per l’equilibrio strategico globale. Le azioni di Pyongyang, sostenute indirettamente da Russia e Cina, potrebbero spingere Seul, Tokyo e Washington a intensificare la loro cooperazione militare, alimentando così un ciclo di tensioni sempre più difficile da disinnescare.