di Francesco Giappichini –
Nelle giornate del 6 e del 27 ottobre (per il ballottaggio) si sono svolte, sull’intero territorio del Brasile, le elezioni comunali. Le Eleições municipais sono sovente definite come una sorta di voto di medio termine, poiché si celebrano alla metà dei mandati quadriennali di presidente della repubblica, governatori e deputati. Quest’appuntamento elettorale è senz’altro legato ai problemi e alle specifiche circostanze locali; tuttavia può fornire importanti indicazioni sulla salute dei partiti e delle varie leadership, in vista del futuro voto presidenziale. Ebbene queste elezioni di metà mandato hanno segnalato un rafforzamento sia delle destre (non tanto del bolsonarismo in senso stretto, quanto dei candidati conservatori con profilo istituzionale), sia del cosiddetto Centrão.
Ovvero quel gruppo di partiti che, pur distanti dai valori della sinistra, sostengono l’Amministrazione Lula. E lo fanno anzitutto per ragioni clientelari e di potere, ma non solo: il Brasile profondo è molto conservatore, e i centristi sanno interpretare al meglio questo sentiment popolare. Sarebbe dunque erroneo ravvisare un indebolimento dell’esecutivo, tuttavia si delinea con chiarezza un consolidamento delle destre: «Prima, i candidati avevano un certo timore a dichiararsi di destra. Oggi non c’è più questa preoccupazione», ha dichiarato l’analista Sérgio Denicoli di Ap Exata. Più nello specifico, si rafforza la figura del governatore dello Stato di San Paolo, Tarcísio de Freitas, che molti analisti già pronosticano come principale sfidante delle sinistre nelle presidenziali del ’26.
Nonostante, si badi bene, sia un esponente della formazione centrista Republicanos, che fa parte dell’esecutivo di Lula. Il governatore è stato, infatti, il principale regista della fragorosa riconferma, a São Paulo, del centrista Ricardo Nunes. Sulla carta il sindaco uscente era appoggiato anche dall’ex presidente Jair Bolsonaro, tuttavia si è trattato di un sostegno molto flebile, quasi pro forma: l’universo bolsonarista, con la sua macchina da guerra, si era invaghito del candidato Pablo Marçal, che grazie agli slogan tipici della destra radicale e alla capillare presenza sulle reti sociali, ha sfiorato l’accesso al secondo turno. Peraltro alcuni osservatori segnalano che proprio il forte radicamento di Tarcísio de Freitas nell’area di San Paolo, potrebbe farlo desistere dalla sfida per il governo federale.
Questa l’opinione dell’analista Creomar de Souza di Dharma: «Certo, non romperà con Bolsonaro due anni prima delle elezioni, ma ha guadagnato spazio di manovra, ha la possibilità di scegliere. Perché dovrebbe candidarsi al Planalto contro Lula con un Lula in salute, se può essere rieletto governatore di San Paolo?». Se invece limitiamo l’analisi ai settori più radicali, quelli definiti sbrigativamente bolsonaristi, notiamo elementi sia di vitalità, sia di debolezza. Da un lato, infatti, è evidente il potenziamento della forza politica che è la più genuina espressione del bolsonarismo: il Partido liberal (Pl) – soprattutto grazie agli ingenti finanziamenti elettorali legati alle legislative del ’22 – ha conquistato un numero rilevante di Municipi.
«La grande novità di queste elezioni è stata quella di avere un processo di consolidamento di un partito di estrema destra. Questo è molto rilevante, anche perché penso che il Pl sia indipendente da Bolsonaro. È qualcosa che sopravvive al di là di lui, con altri leader», ha affermato Talita Tanscheit, docente presso l’Universidad Alberto Hurtado (Uah), in Cile. Tuttavia è apparso evidente che il cosiddetto «campo bolsonarista», pur forte di una base fedele che si aggira intorno al 30%, è da sé solo insufficiente per vincere le sfide elettorali. Gli stessi media parlano di un «Bolsonarismo rilevante, ma non egemonico», e di un ex capo dello stato che non sarebbe più il dominus della destra radicale verdeoro: «Prima era l’arbitro assoluto dei conflitti in questo campo, e ora ha perso forza, ha perso potere», secondo la politologa Camila Rocha.
Tra le altre conclusioni che si possono trarre dal voto di midterm, si segnala la persistente difficoltà delle sinistre: in particolare il Partido dos trabalhadores (Pt) del presidente Luiz Inácio Lula da Silva, dopo gli sconvolgimenti interni legati all’indagine per corruzione nota come Lava Jato, non riesce a rinnovarsi e imporsi nei grandi centri urbani. E la vittoria al cardiopalma ottenuta a Fortaleza contro un rappresentante della destra bolsonarista, è stata etichettata dalla stampa come un «gol de honra», il gol della bandiera. Se, infatti, si registra un incremento del numero dei Comuni conquistati, il Pt riesce però a vincere in una sola Capitale, appunto quella del Ceará.
La sinistra può comunque consolarsi col definitivo emergere di una giovane personalità politica, ovvero il sindaco riconfermato di Recife, João Henrique Campos. In forza al Partido socialista brasileiro (Psb), il figlio dell’ex governatore Eduardo Campos (deceduto in un incidente aereo) ha trionfato al primo turno con un roboante 78,1 per cento. A seguire una sintetica descrizione delle sfide nelle cinque maggiori città del Paese, con l’esclusione del Distrito Federal di Brasilia, che è amministrato da un governatore. E cominciamo da San Paolo, ove al ballottaggio è stato riconfermato il sindaco Nunes, del partito centrista e governista Movimento democrático Brasileiro (Mdb).
Questi ha superato con ampio margine, 59,3% a 40,6 è l’esito della sfida, il candidato progressista Guilherme Boulos: l’esponente del Partido socialismo e liberdade (Psol), una formazione della sinistra dura e pura, era sostenuto fortemente dallo stesso Lula. Contrastanti le analisi su Boulos: per alcuni osservatori lo avrebbe ostacolato solo la scarsa esperienza amministrativa, e quindi Lula lo dovrebbe inserire nel governo; secondo i più critici, al contrario, la modesta performance nei quartieri tradizionalmente di sinistra ne mette seriamente in dubbio il futuro politico. A Rio de Janeiro invece tutto si è deciso al primo turno: schiacciante vittoria del sindaco uscente e centrista, Eduardo Paes – sostenuto dalla sinistra – sul bolsonarista Alexandre Ramagem. Risultato finale, 60,4% contro 30,8. Anche a Salvador da Bahia tutto si è deciso al primo turno. Il prefeito uscente Bruno Reis, un centrista appoggiato dai settori moderati, ha nettamente prevalso sull’esponente della sinistra radicale Kleber Rosa: 78,6 a 10,4, il dato ufficiale. Gli altri? Non pervenuti. A Fortaleza invece tutto si è deciso al ballottaggio e sul filo di lana: la Prefeitura va al lulista Evandro Leitão, che ha superato per 50,3 a 49,6 André Fernandes del Pl. Il quale, per conquistare gli elettori di centro, in campagna elettorale ha quasi nascosto il sostegno del controverso padrino politico. Anche a Belo Horizonte ha deciso tutto il secondo turno: Fuad Noman, il sindaco uscente del Centrão, è riuscito a ottenere l’appoggio di Lula, e ha così superato il bolsonarista Bruno Engler per 53,7 a 46,2.